VI TEMPO ORDINARIO – 12 febbraio 2017

COSÌ FU DETTO AGLI ANTICHI;  MA IO VI DICO

Commento al vangelo di p. Alberto Maggi OSM   Mt 5,17-37

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio”. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna. Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo! Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore. Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna. Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio. Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: “sì, sì”, “no, no”; il di più viene dal Maligno». Il vangelo di questa domenica è molto lungo, e non è pensabile, nel limitato tempo che abbiamo a disposizione, poterlo leggere e commentare tutto, per cui centriamo l’attenzione soltanto nei primi versetti, anche perché sono i più controversi e, forse, i più importanti. È il capitolo 5 di Matteo, dal versetto 17, ed il brano liturgico prosegue fino al 37. Afferma Gesù: “non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti”, qual è il contesto di questa affermazione di Gesù? È la proclamazione delle beatitudini. La nuova relazione, che Gesù è venuto a proporre con Dio, non poteva più essere contenuta nella vecchia alleanza, quella di Mosè. Mosè era il servo del Signore, aveva imposto un’alleanza tra dei servi ed il loro Signore, basata sull’obbedienza alla sua legge, per cui il credente, con Mosè, era colui che obbediva a Dio, osservando le sue leggi. Ma Gesù, Gesù non è il servo di Dio, Gesù è il figlio di Dio. Allora lui è venuto a proporre una nuova relazione, basata sull’accoglienza e sulla pratica dell’amore del Padre, per cui il credente, per Gesù, è colui che assomiglia al Padre, praticando un amore simile al suo. Questa nuova relazione Gesù l’ha espressa, l’ha formulata su un monte: come Mosè, sul monte Sinai, ha annunciato il decalogo, Gesù, su un monte, ha proposto le beatitudini, che sono la nuova alleanza di Dio con il suo popolo. Beatitudini però che, indubbiamente, causano sconcerto, disappunto negli ascoltatori, perché? (Nel)la prima beatitudine, lo sappiamo, Gesù invita ad entrare nella condizione della povertà, per eliminare le radici della povertà. Ebbene si aspettava tutto il contrario: il regno di Dio era un regno di splendore, era un regno di successi, era un regno soprattutto di accumulo di ricchezze. Basta leggere l’ultima parte del profeta Isaia, dove si immaginano carovane di dromedari, di cammelle, che, a Gerusalemme, portano ricchezze di tutto il mondo. Quindi c’è uno sconcerto. Allora Gesù dice: no, “non crediate che io sia venuto”, e il verbo adoperato dall’evangelista non è abolire, che si usa per una legge, ma è abbattere, distruggere. È lo stesso che poi, al processo di Gesù, al capitolo 26, al versetto 61, sarà usato come accusa di Gesù, accusato di essere venuto a distruggere il tempio. Gesù non parla di abolire una legge, ma di distruggere, cosa? “La Legge o i Profeti”. Non si tratta di osservare o meno la legge: con Gesù non è più la legge quello che relaziona l’uomo con Dio, ma l’accoglienza del suo amore. Legge e profeti sono quelli che noi chiamiamo l’antico testamento, cioè il complesso della Bibbia, composto dai libri della legge e quelli dei profeti. Allora Gesù dice: no, quella promessa, è questo il significato, quel progetto di Dio, che era contenuto nella legge e nei profeti, io non sono venuto ad abolirla, ma a dare pieno compimento. Facciamo un esempio: nel libro del Deuteronomio, quindi nella legge, il Signore dice che, nel suo popolo, nessuno sia bisognoso, e nei libri dei profeti, c’è continua la denuncia contro la ricchezza, contro l’ingordigia, che rende le persone bisognose. Ebbene Gesù questo non è venuto a demolirlo, ma a portarlo a compimento. Ecco perché la prima beatitudine è l’invito alla condivisione. La prima beatitudine si allaccia idealmente all’ultimo dei comandamenti, qual era l’ultimo comandamenti: non desiderare la roba altrui. La prima beatitudine è: desidera che gli altri abbiano lo stesso che tu hai. Quindi Gesù viene a portare a compimento tutto questo, ecco perché proclama queste beatitudini, quest’invito alla condivisione. Il segno, la garanzia che, nella comunità cristiana, c’è la presenza di Dio, è che nessuno è bisognoso. Negli Atti degli Apostoli si legge che la prima comunità cristiana rendeva con grande forza e testimonianza la resurrezione di Gesù perché nessuno era bisognoso. Ed ecco perché, nel “Padre Nostro”, Gesù inserisce la clausola di cancellare i debiti, sono i debiti economici, quindi ecco cosa significa che Gesù non è venuto ad abolire questo progetto, questo ideale del Regno, ma a portarlo a compimento. E poi Gesù assicura: “in verità”, il termine ebraico che viene tradotto con verità è “amen”, “io vi dico finché non siano passati il cielo e la terra”, un’immagine per dire il tutto, “non passerà un solo iota”, lo iota è lo yòd, il segno più minuscolo dell’alfabeto ebraico, “o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto”, è la garanzia di Gesù. Questo progetto di Dio sull’umanità, di una società alternativa, troverà tante difficoltà, ma prima o poi, arriverà a sfociare. E, per questo, Gesù chiede che “chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti”, i minimi precetti sono le sue beatitudini, che sono poca cosa di fronte alla grandezza dei comandamenti, “e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e l’insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli”. Minimo e grande non significa una gerarchia, i più importanti, i più piccoli, ma è una maniera ebraica per dire esclusione o appartenenza. Allora Gesù invita i suoi discepoli, coloro che ascoltano, a praticare le beatitudini, e, quando Gesù dice “l’insegnerà agli altri”, non significa andare a insegnare una dottrina – le ultime parole di Gesù in questo vangelo, sono “insegnando loro ai popoli pagani a praticare tutto ciò che io vi ho comandato” – quello che Gesù invita ad insegnare non è un una dottrina, ma una pratica, e qual è la pratica? Quella dell’amore e della condivisione. Se c’è questo, si realizza il regno dei cieli, ovvero il regno di Dio, una società alternativa. Abbiamo detto che queste parole di Gesù portano delusioni, e Gesù dice: no, non sono venuto ad abolire questo progetto del regno, sono venuto a realizzarlo, ma non come voi pensate. Voi pensate che si realizza attraverso l’accumulo della ricchezza, io vi dico invece attraverso la condivisione dei beni; voi pensate che si realizza attraverso il potere, il dominio, io invece vi dico che si realizzerà attraverso il servizio; voi pensate che questo sia soltanto per Israele, invece il mio programma è per tutta l’umanità.